Bosco
Bosco
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Ci addentriamo nel vero senso della parola nella recensione di questa opera nostrana di Post metal strumentale , composta da questo trittico di musicisti provenienti da Orvieto (Terni). Ho adoperato addentrare perché il genere proposto da questi tre giovani, dà il senso di una passeggiata notturna dopo il crepuscolo all’interno di una fitta foresta, un pò come ascoltare “Det som en gang war” e “filosofem” in cuffia verso mezzanotte , per chi non lo sapesse capolavori di Varg Vikernes alias count Grishnackh. All’attivo dal 2014 hanno un solo album autopubblicato nel 2016, ma ci sono tutte le premesse per dare il lancio a questa band, che mi ha ricordato molto nell’ascolto gli austriaci Dornenreich del periodo di In luft geritz (2008) e Freiheit (2014), con un accostamento anche ai tedeschi Empyrium del periodo Where at night the wood grouse plays (1999) e Weiland (2002).
La voce non c’è ma i strumenti è come se parlassero di sofferenza, gesta di eroi che hanno combattuto guerre antiche e rifugiati nel bosco loro amico , di rituali, amori, insediamenti, se non sapessi che fossero italiani avrei pensato ad una di quelle band folk viking norvegesi, ed invece abbiamo gioielli nella nostra terra Italia a livello musicale che si stanno proponendo e dobbiamo aiutare ad emergere con il nostro lavoro di pubblicizzare la loro opera alle persone. Il violino usato da Laurence Cocchiara (ex-Hortus animae, maerormid, mourning mist) è perverso insidioso come gli inganni di Loki divinità norrena che rappresenta il Trickster, gli inganni. Di tutto rispetto la chitarra di Emanuele Duchi una lama che trapassa la fitta vegetazione mano a mano che ci addentriamo e la batteria precisa pulita, un piacere nelle parti lente , per non parlare nelle esplosioni nere ma senza mai strafare, dando sempre un suono che rasenta la classe. Ogni pezzo dell’album è un prosieguo dell’altro.
S’inizia con “Primo strato di spirito” come se il nostro corpo prima di addentrarsi in questo luogo sacro dovesse mano a mano purificarsi in “Solvuoto”,per poi immergerci in “Melancolia” come un narrare degli strumenti di storie di natura dove la chitarra ed il violino fanno da padroni per cullarci in questa melodia a tratti al minuto 3:20 mi hanno ricordato i tool di animae, per arrivare a “Bosco” con netti richiami prettamente doom nella parte iniziale, come una lenta processione di figure incappucciate che si susseguono, per danzare fra loro in riti pagani. Si arriva ad “Nell’io sepolto” come a scavare ancor di più nel profondo della nostra psiche e lasciarsi dietro i pesi della coscienza , “Ostile” il giudizio delle anime della natura per purificarci dei nostri errori la chitarra è inesorabile, la melodia e l’insieme degli strumenti in un connubio, come una cascata che avvolge con un inizio molto vicino al funeral doom, per poi esplodere in una cavalcata post meta dove a farla da padrone la batteria come un cuore che batte di una creatura inseguita da una fiera che si appresta a piombargli addosso e si conclude con “Penombra” la fine del viaggio prima dell’alba ll violino e la chitarra come un fuoco che divampa e lacera le carni per tramutare in etere il corpo, pregevole il solos di violino che parte dal minuto 3:36 che ritorna in 4:04 come una lenta ed inesorabile marcia di questi individui che si apprestano a concludere il rito prima dell’alba. Anche il lavoro dell’artwork di ottima fattura minimale nei colori scuri ma allo stesso tempo essenziale,in un elegante digipack nero dove appare il logo della band ipnotico che richiama a guardarlo il simbolo dello Yin e Yang.
Non c’è da aggiungere altro band che si merita un bel 9 e va a rappresentare una delle migliori uscite del 2016 nel bosco dell’underground nostrano.
Assolutamente da avere.
Fabio Berserk
“Perché la luce sia splendente, ci deve essere l'oscurità”.
Francis Bacon
01. Primo strato di spirito
02. Solvuoto
03. Melancholia
04. Bosco
05. Nell’io sepolto
06. Ostile
07. Penombra
Laurence Cocchiara - violin
Lorenzo Nencini - drums
Emanuele Duchi - guitars